Il principio generale che regola l’attribuzione dei diritti proporzionali a ciascun socio è fondato sul rapporto tra il valore del conferimento eseguito (che corrisponde di regola al valore nominale della quota) e l’ammontare del capitale (che corrisponde al valore complessivo dei conferimenti di tutti i soci). Questo principio emerge dalla lettura della disposizioni in tema di società, tra le quali l’articolo 2263 c.c. in tema di utili e perdite “le parti spettanti ai soci … si presumono proporzionali ai conferimenti” oppure l’articolo 2282 c.c. in tema di ripartizione dell’attivo residuo “l’eventuale eccedenza è ripartita tra i soci in proporzione della parte di ciascuno nei guadagni”.
È possibile attribuire diritti ai soci con criteri differenti?
È certamente possibile modificare la regola della proporzione e stabilire che alcuni diritti spettino invece in misura differente ai soci e quindi adottando un criterio non proporzionale rispetto al conferimento eseguito.
Perché è possibile superare il meccanismo proporzionale nelle società di persone?
Nelle società di persone la figura dei soci assume assoluta rilevanza, quindi è possibile valorizzare alcune attitudini, caratteristiche o aspirazioni individuali. Anche se si tratta di società che in genere hanno un numero ristretto di soci non tutti partecipano alla società con le medesime ambizioni, né apportano alla società le medesime risorse. È facile immaginare che in una società ci siano soci finanziatori e soci operativi che quindi aspirano a risultati differenti: i primi possono quindi ottimizzare l’investimento ottenendo una partecipazione all’utile maggiore senza eseguire un conferimento di valore superiore a quello dei secondi.
È possibile inoltre attribuire diritti specifici per la gestione della società per “ricompensare” la partecipazione di un socio che è in grado di apportare alla società anche le proprie capacità organizzative, di marketing o di esperienza.
Come viene eseguita l’assegnazione di diritti in misura non proporzionale?
L’assegnazione non proporzionale viene eseguita attribuendo al socio diritti in misura superiore oppure inferiore rispetto a quanto gli spetterebbe in base alla proporzione tra il valore del conferimento e il capitale.
Nel caso degli utili, in particolare, l’assegnazione maggiore a uno o più soci viene compensata riducendo l’assegnazione agli altri in modo tale da garantire un equilibrio complessivo. È possibile quindi stabilire che un socio titolare del 50% del capitale riceva il 60%, il 70% o il 90% degli utili e che al contrario l’altro socio alla pari riceva rispettivamente il 40% il 30% o il 10% degli utili.
Il medesimo criterio può essere utilizzato anche per la sola ripartizione del patrimonio residuo al termine della liquidazione della società e quindi in alternativa al criterio previsto dall’art. 2282 c.c. sopra richiamato. È quindi possibile prevedere che gli utili, per tutta la vita della società, siano ripartiti in misura proporzionale tra i soci, ma che al termine della liquidazione il patrimonio residuo sia assegnato tra i soci con un criterio diverso.
Anche per i diritti amministrativi valgono le medesime conclusioni e in particolare nei casi in cui la legge richiede la decisione a maggioranza. Anche per queste ipotesi è quindi possibile stabilire che il peso di ciascun socio sia superiore o inferiore rispetto al criterio previsto per legge. L’articolo 2500 – ter c.c. consente di trasformare la società di persone in società di capitali con la maggioranza secondo la parte attribuita a ciascun socio negli utili: i soci possono decidere di creare meccanismi differenti di calcolo della maggioranza, richiedere che sia necessario il consenso di uno specifico socio o stabilire che sia necessario decidere la trasformazione con il consenso di tutti i soci.
La libertà che hanno i soci nella ripartizione dei diritti ad essi spettanti è decisamente ampia: è consentito ad esempio allontanarsi parecchio dal meccanismo proporzionale e quindi stabilire che alcuni abbiano il diritto di veto per singole operazioni, prevedere il diritto di prelevare una misura fissa degli utili, prima degli altri, oppure stabilire che alcuni soci partecipino alle perdite con un meccanismo progressivo.
Il medesimo socio potrebbe quindi possedere i diritti sociali secondo i differenti criteri e quindi avere alcuni diritti regolati dal criterio proporzionale, altri in misura superiore, altri in misura inferiore, altri a titolo individuale.
La modulazione dei diritti consente quindi di adattare la società sulle specifiche esigenze dei soci e di modellarla anche in conseguenza dei risultati e della crescita dell’attività sociale oppure dell’ingresso di nuovi soci in grado di apportare le proprie capacità e attitudini.
Quali sono i limiti alla deroga del principio proporzionale?
Nelle società di persone quindi lo spazio a disposizione dei soci per creare regole specifiche è molto ampio, ma esistono anche in questo caso limiti da rispettare.
I limiti sono costituiti dalle norme imperative, dai principi generali in tema di società, dai principi che regolano il tipo di società scelto: ad esempio il patto leonino previsto dall’art. 2265 c.c. che vieta in ogni tipo di società di escludere il socio da ogni diritto agli utili o da ogni partecipazione alle perdite; oppure il divieto di distribuire utili non realmente conseguiti che è previsto per la società in nome collettivo dall’articolo 2303 c.c..
Pertanto i meccanismi che prevedono la ripartizione degli utili non devono consentire, in concreto, di privare nessun socio del diritto all’utile oppure di escludere anche un solo socio dall’effettiva partecipazione alle perdite.
I patti che attribuiscono una quota fissa di utile in prededuzione a un socio, quindi, non possono operare in assenza di un effettivo risultato positivo realizzato dalla società, né in misura superiore all’utile che complessivamente ha maturato la società nel corso dell’esercizio.
Come e quando è possibile attribuire a un socio diritti non proporzionali?
I diritti dei soci sono disciplinati dall’atto costitutivo quindi è possibile prevedere la loro introduzione sia alla nascita della società sia in un momento successivo con un atto di modifica del contratto originario, anche contestualmente all’ingresso di un nuovo socio nella società. Di regola per la modifica dei patti di società è necessario il consenso di tutti i soci, ma si ritiene possibile anche l’inserimento di un meccanismo a maggioranza, ad esempio nel caso di trasferimento delle partecipazioni sociali.
Cosa accade se il socio titolare di diritti non proporzionali interrompe il rapporto con la società?
In ogni ipotesi di uscita di scena del socio per cessione delle quote, recesso, esclusione o decesso occorre modificare l’atto costitutivo. I soci in questa occasione sono tenuti a definire le conseguenze della variazione della compagine sociale e quindi possono concordare che a seguito della cessazione del rapporto sociale gli altri mantengano esclusivamente diritti proporzionali, oppure far subentrare l’acquirente o l’erede del socio cessato nella medesima posizione del precedente, oppure ancora scegliere un nuovo assetto con la distribuzione di diritti proporzionali e non tra i soci.
Nelle società di capitali
Anche nelle società di capitali l’attribuzione dei diritti ai soci è regolata dal principio della proporzionalità tra il valore delle quote o azioni sottoscritte e i conferimenti eseguiti.
Troviamo conferma nelle società per azioni all’articolo 2346 quarto comma del codice civile “A ciascun socio è assegnato un numero di azioni proporzionale alla parte del capitale sociale sottoscritta e per un valore non superiore a quello del suo conferimento. Lo statuto può prevedere una diversa assegnazione delle azioni”. Un’analoga regola riguarda la società a responsabilità limitata ed è prevista all’articolo 2468 secondo comma del codice civile “Salvo quanto disposto dal terzo comma del presente articolo, i diritti sociali spettano ai soci in misura proporzionale alla partecipazione da ciascuno posseduta. Se l’atto costitutivo non prevede diversamente, le partecipazioni dei soci sono determinate in misura proporzionale al conferimento”.
Entrambe le disposizioni lasciano però ampia libertà in quanto lo statuto e l’atto costituivo possono modificare questa regola generale e creare un meccanismo differente.
Come si può modificare la proporzione?
È possibile creare maccanismi non proporzionali sia per l’assegnazione delle partecipazioni o delle azioni, rispetto al conferimento eseguito, sia per l’attribuzione di diritti sociali rispetto al valore percentuale del capitale posseduto.
Assegnazioni non proporzionali delle partecipazioni: quali sono i limiti?
L’assegnazione delle quote o delle azioni può essere eseguita in misura maggiore o minore rispetto ai conferimenti; ciò può avvenire sia al momento della costituzione della società, sia in un momento successivo e quindi in occasione dell’aumento del capitale sociale. La legge pone un limite invalicabile per tutelare che il capitale sia formato effettivamente e quindi prevede che il valore complessivo dei conferimenti non può essere inferiore all’ammontare del capitale sociale.
Questo significa che l’assegnazione a un socio di azioni o quote in misura superiore rispetto a quanto il socio ha conferito alla società, deve essere “assorbito” da almeno uno degli altri soci ai quali spetterà un’assegnazione di valore inferiore rispetto al valore del conferimento.
Esemplificando di regola un socio a fronte di un conferimento che è pari al 5% del totale riceve una quota che rappresenta il 5% del capitale sociale, mentre il socio che esegue un conferimento del 95% riceve il 95% del capitale.
È invece possibile pattuire che il socio che ha conferito il 5% del totale dei conferimenti riceva una quota di un valore nominale pari al 55% del capitale e che l’altro socio, pur avendo eseguito un conferimento pari al 95% del totale, riceva una quota che rappresenti solo il 45% del capitale.
Portando all’estremo il meccanismo dell’assegnazione non proporzionale si possono immaginare le ipotesi opposte del socio non conferente e del conferente non socio. I soci non conferenti sono soci ai quali viene assegnata una partecipazione o un pacchetto azionario senza che questi abbiano eseguito il conferimento. I conferenti non soci, al contrario, sono i soggetti che eseguono il conferimento senza ricevere l’attribuzione di azioni o quote e quindi senza assumere lo status di socio della società.
Assegnazioni non proporzionali delle partecipazioni: quando e come?
L’assegnazione non proporzionale è consentita al momento della costituzione della società: in questo caso nell’atto costitutivo il notaio regolerà i conferimenti iniziali e l’assegnazione delle prime azioni e quote, secondo la volontà dei soci. Può accadere che l’esigenza nasca in un momento successivo, per cui occorre modificare l’atto costitutivo e lo statuto: in questo caso il notaio riceve un verbale dell’assemblea che deliberi in relazione all’aumento del capitale sociale.
Perché modificare i diritti proporzionali?
Ci si potrebbe chiedere perché la legge consenta l’assegnazione delle partecipazioni non proporzionale ai conferimenti. Questa opportunità risponde a differenti esigenze, ad esempio ci sono casi in cui i soci eseguono apporti che non possono essere oggetto di conferimenti tecnici e che tuttavia costituiscono importanti risorse per la società: avere un socio consente di poter sfruttare il suo nome dando beneficio alla società o, ancora, di poter far leva sulle esperienze o conoscenze tecniche del socio. In altri casi potrebbe essere utilizzato come strumento per compensare anticipatamente il socio che assuma una carica sociale.
L’assegnazione di quote non proporzionali può inoltre consentire di eseguire una liberalità indiretta oppure di estinguere rapporti di credito pregressi.
Attribuzione di diritti non proporzionali ai soci
Quanto abbiamo visto finora riguarda principalmente l’aspetto economico che regola l’ingresso del socio in società e l’assegnazione della quota o delle azioni allo stesso. Le quote o le azioni ricevute dal socio hanno un valore espresso in euro che corrisponde a una frazione del capitale sociale (il valore nominale). Il totale delle azioni o quote rispetto al complessivo valore del capitale sociale viene espresso in percentuale.
Questa percentuale misura di regola i diritti che spettano al socio e quindi ad esempio: qual è il peso del socio nelle decisioni assembleari (diritto di voto), quanto il socio deve ricevere ogni anno a fronte dell’attività sociale (diritto agli utili), quando il socio può liberarsi dalla partecipazione in società (diritto di recesso) e quale importo deve ricevere in cambio (diritto alla liquidazione).
Se questa è la regola generale, lo statuto e l’atto costitutivo possono invece disciplinare altri modi per l’attribuzione dei diritti.
Partecipazioni Spa: diritti non proporzionali, azioni speciali e azioni ordinarie
L’attribuzione di diritti non proporzionali ha conseguenze diverse nella SPA e nella SRL: nella SPA nascono differenti categorie di azioni. Il capitale della società viene quindi suddiviso in gruppi differenti di azioni e in ciascun gruppo ogni azione attribuisce i medesimi diritti. Si distingue in genere tra azioni ordinarie, che attribuiscono al titolare i diritti “generici”, e azioni speciali, che attribuiscono al socio diritti differenti che a seconda delle scelte possono essere maggiori o minori (ad esempio a fronte di una maggiore remunerazione sugli utili può essere limitato il peso del voto).
Diritti non proporzionali nella SRL
L’attribuzione di diritti non proporzionali nella SRL è prevista in linea generale dall’articolo 2468 del codice civile, terzo comma, in base al quale l’atto costitutivo può prevedere l’attribuzione a singoli soci di particolari diritti riguardanti l’amministrazione della società o la distribuzione degli utili. Il diritto particolare spetta al singolo socio e può essere creato, modificato o rimosso con il consenso di tutti i soci. Esistono SRL che hanno la qualifica di PMI, nelle quali possono essere creati differenti categorie di quote e quindi, come avviene nella SPA, è possibile prevedere differenti tipi di partecipazioni alle quali spettano diritti omogenei in ciascuna categoria.
Quali diritti possono essere attribuiti in misura non proporzionali in tema di amministrazione?
La legge lascia molto spazio per operare nell’assegnazione dei diritti ai soci in misura non proporzionale e quindi la scelta può riguardare l’amministrazione della società, il voto, gli utili, le riserve. Le ipotesi più frequenti riguardano l’amministrazione e gli utili, cioè quelle espressamente richiamate nella norma dedicata alla SRL.
Nell’ambito dell’amministrazione è possibile assegnare ad alcuni soci o ad alcune categorie di azioni:
- la designazione del gruppo di soggetti tra i quali saranno scelti gli amministratori;
- il gradimento o la revoca degli amministratori nominati;
- la nomina diretta di alcuni amministratori;
- il diritto di ricoprire la carica di amministratore;
- il veto o l’autorizzazione per il compimento di determinati atti;
- l’opposizione per determinate categorie di atti.
Occorre tuttavia rispettare alcuni limiti, tra i quali la norma che riserva all’intero organo amministrativo la redazione di alcuni documenti come i progetti di bilancio, di fusione o di scissione.
Quali diritti possono essere attribuiti in misura non proporzionali in tema di utili?
Le ipotesi principali che si rilevano negli statuti di società riguardano:
- il diritto di ottenere un importo fisso dell’utile realizzato dalla società;
- il diritto di ottenere una percentuale dell’utile a prescindere dall’importo della partecipazione;
- il diritto di ottenere una quota dell’utile in prededuzione.
In relazione agli utili si possono richiamare i limiti costituiti dal divieto del patto leonino, che impedisce di escludere totalmente i soci dalla partecipazione all’utile o alle perdite, o dal divieto di distribuire utili non effettivamente maturati, anche in presenza di norme che riservino a uno o più soci utili in prededuzione.
Come e quando nascono i diritti non proporzionali?
È possibile prevedere l’assegnazione di diritti non proporzionali ai soci o categorie di azioni sin dalla costituzione della società e ovviamente è necessario il consenso di tutti i soci fondatori.
Anche in una società già esistente può nascere l’esigenza di creare categorie di azioni oppure diritti particolari per un singolo socio, quindi occorre una modifica dello statuto mediante apposita assemblea che viene verbalizzata dal notaio. Anche in questo caso occorre valutare gli interessi dei soci che ricevano un pregiudizio in quanto la sola maggioranza dei voti può essere insufficiente per l’adozione della delibera.