La liquidazione controllata è una procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento diretta alla liquidazione del patrimonio del debitore al fine di soddisfare tutti i creditori insinuati nella procedura.
Lo scopo, per il debitore, è quello di conseguire il risanamento della propria esposizione debitoria non solo attraverso la liquidazione del patrimonio e la conseguente distribuzione dell’attivo ai creditori, ma anche e soprattutto attraverso l’esdebitazione. Tale beneficio consiste, infatti, nella liberazione dai debiti e comporta l’inesigibilità dal debitore dei crediti rimasti insoddisfatti nell’ambito della procedura.
La procedura di composizione negoaiata della crisi d’impresa della liquidazione controllata presuppone l’esistenza di attivo patrimoniale in grado di soddisfare i creditori.
Ciò comporta la necessità che il debitore si premuri di ottenere, a seconda del caso, un’attestazione negativa ovvero positiva di sussistenza di patrimonio disponibile.
La disponibilità o meno di attivo risulta dirimente ai fini dell’ammissibilità della domanda di apertura della liquidazione controllata, posto che, in assenza di patrimonio, verrebbe meno ogni sua utilità e scopo.
Di fatto, dovrebbe ritenersi che la giustificazione causale che rende ammissibile l’accesso alla liquidazione controllata manchi anche quando l’attivo disponibile, presente e futuro, sia appena sufficiente a coprire le sole spese di procedura
L’apporto di finanza esterna (ad es. la somma di denaro donata da un familiare), sebbene in assenza di patrimonio del debitore, consentirebbe, invece, l’accesso alla liquidazione controllata posto che garantirebbe una soddisfazione, anche se limitata, dei creditori (Trib. Padova 22 ottobre 2024)
Contro, si ritiene, invece, che la disponibilità di finanza esterna non integri i presupposti necessari per l’apertura della procedura di liquidazione controllata, a favore del diverso istituto dell’esdebitazione dell’incapiente (Trib. Bergamo 16 novembre 2023).