Il dl. di modifica dell’art. 2407 c.c., definitivamente approvato dai due rami del Parlamento e in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, si pone due chiari obiettivi.
Il primo è quello di evitare una sorta di deriva giustizialista, che, in relazione al principio della responsabilità illimitata e solidale, in molte occasioni ha finito per addebitare ai sindaci, dotati di polizza di responsabilità civile obbligatoria, responsabilità che dovevano essere invece ascritte pressoché esclusivamente agli amministratori, in relazione al fatto che spesso questi ultimi non erano assicurati.
Il secondo obiettivo, di fatto conseguenza del primo, è di recuperare alla qualificata carica sindacale professionalità che – in relazione ai rischi insiti in una funzione di controllo chiamata a verifiche sempre più ampie e complesse dal legislatore – preferivano rinunciare all’incarico. Ciò anche in relazione al rischio di enormi danni di immagine apportati da una azione di responsabilità che, in alcune circostanze, ricordiamolo, ha in passato addirittura determinato in via cautelativa (in presenza di fumus boni iuris e periculum in mora) il “blocco dei beni” (ex art 671 c.p.c.) di amministratori e sindaci.
Per ora le modifiche all’art. 2407 c.c. limitano a un multiplo del relativo compenso annuale, a fronte di qualsiasi tipo di azione di responsabilità, il danno adducibile ai sindaci con o senza funzione di revisione, ma in futuro la limitazione dovrebbe riguardare anche i revisori “puri”, in relazione alla circostanza che la Commissione Giustizia del Senato ha approvato un ordine del giorno che impegna il Governo a valutare tale opportunità, ponendo così le basi per un potenziale ampliamento della portata della riforma.
Appare opportuno chiedersi se, in relazione al modificato comma secondo dell’art. 2407 c.c., che ha espunto la locuzione “essi (i sindaci) sono solidalmente responsabili con gli amministratori”, tale solidarietà permanga oppure se le due responsabilità debbano considerarsi autonome, nonché se, a fronte di eccezioni di inadempimento (ex art 1460 c.c.), sempre più spesso sollevate dai curatori, il limite possa essere eccepito anche a fronte dei mancati compensi.
Sotto il primo profilo, se, da un lato, il riferimento alla solidarietà non è più contemplato nel testo normativo, dall’altro, risultano assolutamente validi i principi generali in tema di solidarietà dell’art 2055 c.c. spesso espressamente richiamati dalla Cassazione per prevedere la corresponsabilità di tutti i soggetti la cui condotta ha concorso, secondo il nesso di causalità materiale ex art 41 a produrre il medesimo eventus damni. Ciò ove la pluralità delle distinte condotte dannose sia riferibile a soggetti giuridici diversi (da ultimo in tal senso si veda Cass. 1° marzo 2024 n. 5519).
In merito alla eccezione di inadempimento disciplinata dall’art. 1460 c.c., inoltre, va evidenziato come, sempre più spesso, i curatori la utilizzino per escludere la pretesa creditoria del sindaco (non pagato per uno o più anni dalle società in crisi) avanzata in sede di insinuazione al passivo del proprio compenso. Tale possibilità, peraltro, è ormai pacificamente ammessa dalla Cassazione nel contesto di azioni di responsabilità in cui il sindaco viene ritenuto “inadempiente” (cfr. infra multis Cass. 10 dicembre 2024 n. 31753 che sarà commentata sul n. 3/2025 della Rivista “Società e Contratti, Bilancio e Revisione”; Cass. 7 febbraio 2024 n. 3459 25 gennaio 2024 n. 2400 24 gennaio 2024 n. 2350).
Ci si deve chiedere, a riguardo, se il mancato riconoscimento del compenso costituisca, di per sé, già una “quota di compensazione” del danno ascrivibile al sindaco e, quindi, come tale, da scomputare nell’ambito dei nuovi tetti di danno, oppure se le due tipologie di esborsi (mancata riscossione e danno) siano fra loro cumulabili.
In attesa di future posizioni della giurisprudenza sul tema, chi scrive, in relazione alla diversa natura degli addebiti (l’art. 1460 c.c. per il mancato adempimento e l’art. 2407 c.c. per il danno) propende per la tesi della cumulabilità e quindi ritiene che, in caso di azione di responsabilità, il mancato compenso consista in un ulteriore onere rispetto al tetto del danno imputabile ai sindaci e a questo cumulabile.