Ai sensi dell’art. 98 della Legge Falliemntare, nella procedura fallimentare il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili possono proporre opposizione al curatore contro il decreto che rende esecutivo lo stato passivo.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 29156 di ieri, ha rimarcato il principio secondo cui la sopravvenuta chiusura del fallimento, però, impone al tribunale di constatare l’improcedibilità del giudizio di opposizione allo stato passivo ancora pendente.
L’art. 96 comma 5 del RD 267/42, laddove stabilisce che il decreto che rende esecutivo lo stato passivo e le decisioni assunte all’esito dei giudizi di impugnazione ex art 99 del RD 267/42 “producono effetti soltanto ai fini del concorso”, evidenzia che il procedimento di verifica delle domande di insinuazione, nella sua complessità, è strettamente connesso alla procedura fallimentare ed è volto ad accertare i crediti ai soli fini dell’ammissione al passivo, con efficacia endofallimentare del provvedimento emesso dal giudice delegato o dal tribunale fallimentare in sede di opposizione.
Il creditore che intenda agire contro il debitore tornato in bonis, quindi, nonpuò far valere nei suoi confronti, quale titolo esecutivo, la pronuncia di ammissione del credito al passivo, priva di efficacia ultraconcorsuale, potendo eventualmente giovarsene solo come prova scritta ai fini del conseguimento del decreto ingiuntivo.
La Suprema Corte ricorda, inoltre, che la giurisprudenza ha avuto modo di precisare che il fallito è privo di legittimazione sostanziale e capacità processuale funzionali a contestare le pretese creditorie, in quanto non è parte del sub-procedimento di verifica del passivo, né argomenti contrari si traggono dall’art. 95 del RD 267/42, che legittima unicamente la possibilità del debitore di “essere sentito”.
In linea generale, quindi, non sussiste la legittimazione del fallito a impugnare i provvedimenti adottati dal giudice delegato in sede di formazione dello stato passivo, non solo perché privi di definitività e con efficacia meramente endoconcorsuale, ma anche in forza del disposto dall’art. 43 del RD 267/42, che sancisce, in ordine ai rapporti patrimoniali del fallito compresi nel fallimento, la legittimazione esclusiva del curatore, nonché dell’art. 98 del RD 267/42, a tenore del quale il decreto con cui il giudice rende esecutivo lo stato passivo non è suscettibile di denunzia con rimedi diversi dalle impugnazioni tipiche ivi disciplinate, esperibili dai soggetti legittimati, tra i quali non figura il fallito.